Un minuto tutto per me

“Ecco, queste sono le piccole cose di cui ti parlavo. In pratica il significato è questo”, e così dicendo porse al nipote una targa che teneva sulla scrivania del suo studio. Sopra c’era scritto:

Tratto me stesso nel modo in cui vorrei che gli altri mi trattassero

“E che cosa vuol dire?” domandò l’uomo.

“Quando ho la sensazione di non essere trattato nel modo giusto”, disse lo zio, “allora penso a come sto trattando me stesso.

“La mia vita è felice proprio perché mi sono preso cura di me stesso per quanto riguarda questi fattori così importanti per la nostra esistenza. A volte mi viene da pensare che la gente non sia del tutto leale nei miei confronti. In genere si tratta di piccolezze, eppure non amo particolarmente essere trattato in maniera ingiusta.”

“Capisco quello che provi”, disse il giovane.

“Ma non appena mi concedo un istante di pausa e mi rendo conto che mi sento vittima di qualcuno, capisco chi è il mio persecutore”.

“Sei tu?” provò a indovinare il nipote.

“Si, sono io”, confermò lo zio. “Subito mi ricordo che posso essere il migliore amico e insieme il peggiore nemico di me stesso. Tutto dipende da che cosa decido di fare o di pensare.”

”Per esempio che cosa potresti fare?”

“Non mi piace che gli altri abbiano l’impressione che non sono all’altezza delle loro aspettative. È come se non fossi mai in grado idi soddisfare le loro esigenze.

Perciò evito di pormi obiettivi troppo rigidi e di confrontarmi con un’immagine a cui ritengo di dover corrispondere. Se provo un senso di delusione in genere è perché non ho ottenuto da me stesso ciò che pretendevo di ottenere.

“Ho imparato a non aspettarmi di riuscire a realizzare quelle feste che sono perfette soltanto nella mia fantasia, con tanto di cibarie, candele, gaudio e tripudio di amici e familiari.

“Ora per me si tratta di un momento in cui rendere grazie per ciò che già possiedo.”

Rammento la scarsa riuscita delle proprie feste, l’uomo disse: “Ma allora la frustrazione e l’infelicità stanno a simboleggiare la differenza che passa tra fantasia e realtà”.

“Sì”, confermò lo zio. “Adesso mi limito ad apprezzare qualunque cosa mi capiti, senza per questo pretendere di fare confronti con ciò che sono convito dovrebbe accadere. È perché adesso so che questa sensazione così dolorosa proviene dal fatto che percepisco la differenza che passa tra la realtà e ciò che io mi aspetto da essa.”

L’uomo disse: “Così, mettendo da parte i sogni e imparando ad apprezzare quel che c’è di buone nella realtà, sarò anche più felice.”

“Nel mio caso funziona”, aggiunse lo zio.

Poi proseguì: “Un altro modo di prendermi cura di me stesso consiste nell’esaminare i miei desideri alla luce delle mie necessità”.

“E qual è la differenza, zio?”

“Una necessità, è qualcosa di cui abbiamo bisogno per il nostro benessere. Un desiderio è qualcosa che speriamo possa darci la felicità, anche se spesso non è così. Possiamo desiderare una caramella, però abbiamo bisogno di ossigeno. Lo stesso accade con il binomio successo e felicità. Sono molti coloro che hanno ottenuto il successo ma non la felicità: essi hanno scoperto a proprie spese che l’aver perseguito e raggiunto un obbiettivo non significa necessariamente essere felici. Sono soddisfatto quanto ottengo ciò che voglio, ma sono felice quando desidero ciò che riesco a conseguire. E inoltre, vedo le cose con maggiore chiarezza se mi concedo una pausa e prendo in considerazione ciò per cui sto lottando.”

Lo zio fece una pausa così da consentire al nipote di comprendere a fondo l’importanza di quanto stava per dire. “Non ne avremo mai abbastanza di ciò che è superfluo.”

“È come desiderare del denaro e una volta che lo si ha scoprire che non ci rende felici come speravamo e tuttavia desiderane sempre di più, con l’illusione che questo finalmente possa appagarci.”

“Ma allora, zio, come fai a capire quali sono le tue reali necessità?”

“Dedicandomi un po’ di tempo per prendere in esame ciò che mi rende felice sul serio. A volte mi sento in vena di scrivere e persino di analizzare ciò che ho scritto. Altre volte, invece, faccio semplicemente una passeggiata e ascolto in silenzio la voce della mia mente. Ogni qualvolta mi concedo un minuto di pausa e mi domando: ‘Ho davvero bisogno di ciò che sto inseguendo?’, spesso poi smetto di insistere con quell’obiettivo.”

L’uomo disse: “Tutto questo mi fa venire in mente quando stavo imparando ad andare in deltaplano. Avevo visto un ragazzo che cercava di volare mentre da terra il suo istruttore gli gridava: ‘Stati attento alle auto nel parcheggio! Attento a non andare a sbattere contro quella macchina verde” Ho detto stati attento a non andare a sbattere contro…!’ Indovina un po’ dove è andato a planare il ragazzo?

“Dritto sulla macchina verde. Il mio istruttore a quel punto si era voltato verso di me e mi aveva detto: ‘Che questo ti serva da lezione. Non guardare mai in una direzione che non vuoi prendere’.

“Ora incomincio a capire. È così che si combatte lo stress: evitando di mirare al superfluo”.

“Naturalmente, come credi che tu e io ci sentiremmo se avessimo lavorato sodo per ottenere qualcosa e finalmente l’avessimo ottenuta, salvo poi scoprire che in realtà non ne avevamo affatto bisogno?”

“Sarei deluso”, disse l’uomo. “Forse addirittura depresso. Perciò vale davvero la pensa di sospendere tutto e prendere in esame la situazione.”

“Precisamente! E se consono io a concedermi una pausa e pensare a ciò che è meglio per me, chi altri lo può fare?

“È semplicissimo. Quanto più mi prendo cura di me stesso, tanto più ho la sensazione di essere oggetto di attenzioni.”

“E quando le cose ti vanno storte, zio, che cosa fai? In che modo ti prendi cura di te stesso?”

“Passo in rassegna tutto il male che mi è capitato finché non trovo qualcosa di positivo. Potresti farlo anche tu in circostanze analoghe.”

L’uomo disse: “Ci proverò. Ma posso chiederti ancora quale altro accorgimento funziona nel tuo caso?”

“Ma certo. Vedi, io mi semplifico l’esistenza”, disse lo zio. “È un metodo rapido per diminuire lo stress. Procedo per eliminazione finché non trovo ciò che essenzialmente mi rende felice.

“E una volta raggiunta la felicità, cerco di mantenerla. Quanto più la mia vita è semplice, tanto più risulta armoniosa.”

“E come fai, zio, a semplificarti l’esistenza?”

Questi rispose in tono di sfida: “Di nuovo penso che girerò a te la domanda: sei tu che devi trovare da solo il metodo più adatto alle tue esigenze”

Lo zio si alzò e si mise a camminare. “Per questa mattina ti dedicherò ancora un po’ del mio tempo, ma poi ho intenzione di fare ricreazione.”

“Ricreazione?” chiese il nipote.

Lo zio rispose: “Far ricreazione è come ridere. È uno dei metodi più efficaci di prendersi cura di se stessi.

“Far ricreazione è per il corpo ciò che un atteggiamento ottimista è per lo spirito. Mi piace giocare a tennis con gli amici e farmi una nuotatina veloce con la zia”.

Il nipote sorrise: “Ho un amico che credo proprio ti piacerebbe. Di certo la sua vita non è delle più facili, eppure è una delle persone più ottimiste di questa terra: pensa che la vita sia un gioco.

“La mattina, ancora prima di aprire gli occhi, stende sempre le braccia tutt’intorno a sé. Dice che se non si imbatte nelle pareti di una bara, allora quella sarà nuovamente una giornata fantastica!”

Lo zio rise. “Il trucco sta tutto nell’atteggiamento. Il modo in cui si guarda alla vita probabilmente costituisce da solo la ricetta migliore per prendersi cura di sé. La prospettiva che se ne ricava può annientare oppure plasmare un’esistenza.”

“Con l’età e, spero, con quel po’ di saggezza in più che avrò pur acquisito”, aggiunse lo zio, “sono giunto alla conclusione che nella mia vita esistono fondamentalmente due generi di emozioni, una positiva, ed è l’amore, e l’altra negativa, cioè la paura. L’una è determinata dall’assenza dell’altra è probabile che tutte le altre emozioni non siano che una variante di queste due.”

“Allora che cos’è l’ansia?” domandò l’uomo.

Lo zio rispose: “L’ansia è la paura dell’ignoto. Ogni qualvolta trascuro me stesso, mi rendo conto del fatto che è la paura a farmi comportare in quel modo.

“Quando invece scelgo di agire per amore”, aggiunse, “mi sento amato e quindi felice.

“Così nel prendere una decisione”, concluse, “mi domando: ‘Lo sto facendo per amore o per paura?’

“Nel caso in cui le mie decisioni siano dettate dalla paura, allora i risultati, che io ne sia cosciente o meno, non cono poi molto positivi”.

L’uomo ammise tra sé che era lo stesso anche per lui.

“Quando invece prendo una decisione dietro l’impulso dell’amore (che è assenza di paura), allora mi sento bene, e questo ancor prima di sapere come andrà a finire.

“Un altro modo di prendermi cura di me stesso è anche quello di privarmi di parte del mio tempo e del mio denaro.”

“E come funziona?”

“Ebbene”, disse lo zio, “dare via un po’ del mio denaro oppure del mio tempo mi aiuta a ricordare che non ho paura di restarne senza. Sono convinto che quel che ho mi può bastare.”

Lo zio soggiunse: “è quando ho paura cerco in ogni caso di prendere le mie decisioni senza lasciarmi influenzare da essa. Mi piace la sensazione che si prova a non trovarsi in preda al panico. E poi amo aiutare il mio prossimo”.

Le argomentazioni dello zio erano così logiche, che l’uomo si domandò se avrebbe mai imparato a prendersi cura di sé in maniera efficace.

“Perché vedi”, disse lo Zio, “quando mi privo di un po’ del mio tempo oppure del mio denaro questo mi ricorda che non ho paura. So che me ne resterà sempre a sufficienza per poterlo dividere con gli altri.”

E, come se fosse in grado di leggere nel pensiero del nipote, lo Zio disse: “Lascia che ti racconti un fatto accaduto veramente. Quando era ancora giovane, al nostro vicino di casa venne offerto un lavoro a New York. Non sapendo se accettare o meno, questi chiese consiglio a un anziano e saggio signore.

“L’anziano signore gli disse: “Vai a New York da solo, fai tutto il viaggio in treno. Non portarti nulla da leggere e nulla da scrivere; spegni il telefono. Prenota uno scompartimento privato e fatti servire tutti i pasti dal personale. Non parlare con nessuno. Ecco, questo è il mio consiglio”.

“Il mio vicino mi disse che ben presto ebbe a pentirsi di avere accettato quel consiglio, tuttavia decise lo stesso di seguirlo.”

“Dopo qualche giorno era già stanco di ammirare il paesaggio. Allora che cosa credi che fece?”

“Naturalmente”, disse lo Zio. “Si concesse una pausa sufficientemente lunga da potersi occupare di se stesso, lasciando che la risposta giungesse da sola, spontaneamente. Quando arrivò a New York sapeva che avrebbe accettato l’offerta e così fece: ebbe un successo strepitoso.”

“Quindi aveva sempre avuto la risposta dentro di sé?”

“Certo. E l’uomo saggio sapeva che lo avrebbe scoperto da solo”.

“Nel momento in cui il mio vicino decise di trascorrere un po’ di tempo in compagnia di se stesso in tutta tranquillità, fu anche in grado di vedere qual era la cosa migliore per lui.”

“Questo lo aiutò anche a occuparsi maggiormente della propria famiglia, e lo stesso vale per noi.”

“Tutti sappiamo che cosa fare per il nostro bene: abbiamo soltanto bisogno di rallentare un po’ il ritmo, abbastanza da poterci prendere cura di noi stessi.”

“E ora indovina un po’ che cosa ti consiglierò di fare.”

L’uomo sorrise e disse: “Bene, Zio, qualcosa mi dice che farò una specie di viaggio in treno, tutto solo”.